Recensione a cura di Cecilia Tarsia, tratto da Conciliazione Plurale http://conciliazionefamiglialavoro.wordpress.com/2013/02/08/una-su-cinque-non-lo-fa/
Una
su cinque non lo fa, un libro di Eleonora Cirant (Franco Angeli, 2012),
è in realtà l’invito a bere un tè. Si rivolge a tutti, ma parla di
donne tra i trenta e quarant’anni, donne fertili nel pieno della facoltà
di esercitare il misterioso potere di cui sono portatrici, chiamate ad
esprimere la loro scelta singolare.
Attorno alla tavola alla quale siamo invitati sono
già raccolte alcune amiche che, appunto, hanno scelto di non farlo. Si
parla di maternità, ma questa volta al contrario: del non fare figli,
per scelta, essendo donne. Il tema è sconveniente perché la maternità
sembra quasi a noi congenita sia a livello genetico che a livello
culturale.
Che una donna scelga di non diventare madre, in
qualche modo, dissona. Questa è la premessa dalla quale parte l’autrice,
premessa che non è pregiudizio, ma vita vissuta in prima persona.
Il libro scandaglia, attraverso l’ausilio di quindici
interviste, i molteplici fattori che influiscono sulla scelta di
maternità. Partendo dall’analisi di condizioni socio economiche, quali
il lavoro, la possibilità di permettersi una casa, un’adeguata
stabilità, cerca e svela nessi con fattori più intimi, psicologici e
culturali che discendono dai primi, pur non essendo ad essi legati da
nessi di causalità.
Si parla allora di autonomia, maturità, libertà,
senso della vita, progettualità e di come tutto ciò, pur non libero da
vincoli rispetto a condizioni materiali, intervenga in modo unico nella
scelta di ciascuna di noi.
Questo non esaurisce la riflessione, semmai la
introduce: a partire dalla scomodità della posizione che si trova ad
occupare l’autrice in quanto donna-senza, si offre come “testimone di
una domanda”.
Il motore che determina lo scorrere delle pagine non è
un elenco di consigli e riflessioni su quale sia la miglior scelta, è
piuttosto un incalzare di domande e spunti che chiamano le lettrici e i
lettori ad interrogarsi ciascuno sui propri perché. Il tè ci viene
servito per imporre un fermo immagine: la maternità è una tematica
profondamente connaturata al nostro modo di essere donne, cittadine,
persone ed essere o non essere genitori non è, o almeno può non essere
più, un dato che prescinda da una scelta cosciente.
L’autrice si offre generosamente come prima voce che
osa e necessita, come lei stessa ci spiega, rompere il silenzio.
Bruciano, ci racconta, gli sguardi, siano essi increduli o comprensivi,
di quanti aspettano una buona risposta a fronte di una scelta tanto
impopolare. Quando si sceglie di non avere un figlio, il rischio è
“l’esclusione dal mondo delle madri, un mondo legittimato e legittimante
da ogni punto di vista (sociale, psichico, politico, simbolico,
storico, eccetera)”.
Non ha organizzato questa virtuale riunione né per
giustificarsi né per accendere antagonismi tra due opposte fazioni ma, e
questo ci avvinghia riga dopo riga allo scorrere del pensiero, nemmeno
per creare un’ampia visione comune e pacificante.
Manca il contraddittorio: tutte e quindici le
intervistate, come l’autrice, non sono madri, quanto meno non ancora.
Ancor di più, allora, nasce il desiderio di dire la propria, di alzare
la mano e intervenire, in questo dibattito, per dire anche noi la
nostra: a volte sentendoci finalmente comprese e desiderose di esprimere
gratitudine per chi ha dato voce a preoccupazioni che ci toccano da
vicino (quando si parla di precarietà, di rapporto con l’altro sesso, di
ruoli), a volte per dichiarare il nostro dissenso e per spiegare le
motivazioni più intime nella scelta di fare figli. Ecco perché questo è
soprattutto un testo vivo, pieno di brio, non timoroso del conflitto,
delle differenze, delle specificità.
L’argomentare si snoda sul crinale tra biologia e
cultura, cerca di evidenziare tutti i fili che ci legano a scelte che
rischiano di non essere libere o consapevoli, ma non si esaurisce in
questo. Non vien mai meno, da parte dell’autrice, sia un umile rispetto
per il mistero ultimo che non può essere disvelato, sia una curiosa
attenzione per l’irriducibile singolarità di ciascuna, sia il desiderio
contagioso e contaminante del confronto. Per questo corriamo, lievi e
grate, a leggere fino all’ultimo rigo.
Cecilia Tarsia
Psicologa, psicoterapeuta a indirizzo psicosomatico,
psicoanalitico junghiano. Da sempre interessata, per percorso
individuale e formazione professionale, alle tematiche del femminile, si
occupa di disturbi sessuali e di tematiche relative alla maternità,
facendo particolare riferimento al mondo del mito e dell’immaginario.
Collabora con la Tutela Minori del Comune di Milano. Collabora come
supervisore con la cooperativa Diapason che da vent’anni si occupa della
presa in carico di minori in difficoltà.
Eleonora Cirant
E’ autrice di saggi e articoli sull’intreccio tra corpo, identità di genere e politica, tra cui “Non si gioca con la vita. Una posizione laica sulla procreazione assistita“ (Editori Riuniti, 2005) e “Una su cinque non lo fa. maternità e altre scelte”
(Franco Angeli, 2012). Lavora all’Unione femminile nazionale e cura
diversi siti, tra cui quello dei consultori privati laici della
Lombardia. Il suo blog si intitola Racconti del corpo.
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