martedì 23 dicembre 2014

Auguri di Buone Feste

                                 A tutte le persone
    che si affidano ai nostri servizi e alle loro famiglie,
    alle istituzioni e alle organizzazioni delle comunità locali
con cui condividiamo e costruiamo insieme lavoro e legame sociale.
                               Alle socie e ai soci.
                           I nostri migliori auguri

mercoledì 17 dicembre 2014

Maternità: 600 euro al mese per sei mesi

Vi segnaliamo il seguente articolo di Repubblica
http://www.repubblica.it/economia/2014/12/16/news/inps_contributi_infanzia_congedo_parentale-103041060/?ref=fb

Le madri lavoratrici, che rinunciano al congedo parentale, potranno ricevere un voucher per pagare il servizio di baby-sitting o richiedere la compartecipazione alle spese per i servizi per l'infanzia pubblici o privati accreditati. Il bonus potrà essere erogato al massimo per sei mesi

MILANO - L'Inps ha avviato la procedura telematica per richiedere i contributi economici da utilizzare, qualora si rinunci a sfruttare il congedo parentale (la famosa 'maternità facoltativa'), per il servizio di baby sitting o per pagare gli oneri relativi ai servizi per l'infanzia pubblici o privati accreditati. Si tratta del cosiddetto 'voucher maternità' introdotto con la riforma Fornero in via sperimentale per il periodo 2013-2015. La novità per le madri lavoratrici è che il prossimo anno ci sono sul piatto 600 euro al mese, per un massimo di sei mesi, quando in precedenza l'assegno era della metà del valore (300 euro). Nel tempo, la platea è stata estesa anche al settore statale. Qualora si presentino forti di un contratto di lavoro 'full time', il contributo potrebbe arrivare a un massimo di 3.600 euro, in caso - per questo estremo - rinuncino totalmente al congedo parentale.
La tabella di ripartizione del contributo in base alle percentuali di lavoro parziale
L'Inps ricorda che possono presentare la domanda le seguenti categorie di lavoratrici in costanza di rapporto di lavoro: dipendenti del settore pubblico o privato; parasubordinate o libere professioniste iscritte alla gestione separata Inps.
Viceversa, non possono presentare la domanda: le lavoratrici che non hanno diritto al congedo parentale (es: le lavoratrici domestiche, a domicilio, disoccupate); le lavoratrici autonome; le lavoratrici in fase di gestazione; le madri lavoratrici che, relativamente al figlio per il quale intendono richiedere il beneficio, usufruiscono dei benefici del fondo per le Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità; le madri lavoratrici che, relativamente al figlio per il quale intendono richiedere il beneficio, risultano esentate totalmente dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati convenzionati.
La domanda va presentata - entro il 31 dicembre 2015 - all'INPS per via telematica, tramite PIN o attraverso il supporto dei patronati, accedendo al portale Internet dell'Istituto (www.inps.it - Servizi per il cittadino  -  Autenticazione con PIN  -  Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito  -  Invio delle domande per l'assegnazione dei contributi per l'acquisto dei servizi per l'infanzia).
Le interessate, per la presentazione della domanda, dovranno:
−    richiedere preventivamente il PIN "online" e convertirlo in tempo utile in PIN "dispositivo";
−    presentare preventivamente ed in tempo utile all'Inps la dichiarazione ISEE (qualora non sia già presente nelle banche dati dell'Inps una dichiarazione ISEE valida). Tale dichiarazione può essere presentata all'Istituto in via telematica o rivolgendosi ad un Caf convenzionato.
Informazioni necessarie. L'Istituto fornisce anche una serie di informazioni di cui è bene munirsi, da parte delle interessate, prima di accedere alla procedura:

−    dati anagrafici del minore per il quale si intende effettuare la domanda (cognome, nome, codice fiscale, sesso, data di nascita, luogo, Provincia e Stato di nascita indirizzo, n° civico, CAP, Comune, Provincia e Stato di residenza);
−    in caso di adozione/affidamento nazionale, dati anagrafici del minore per il quale si intende effettuare la domanda, inclusa la data di adozione e di ingresso in famiglia;
−    in caso di adozione/affidamento internazionale, dati anagrafici del minore per il quale si intende effettuare la domanda, inclusa la data di adozione/affidamento, data di ingresso in Italia, data di ingresso in famiglia e dati relativi alla trascrizione del provvedimento di adozione internazionale (data, Provincia e Comune dei registri di stato civile).
−    data dell'ultimo giorno di congedo di maternità riferito al minore indicato;
−    numero di mesi di congedo parentale eventualmente già fruiti per il minore indicato;
−    dati del datore di lavoro, inclusi indirizzo PEC/email;
−    dati relativi al proprio inquadramento contrattuale (tipo di contratto ed eventuale percentuale di part-time);
−    dati anagrafici del padre (cognome, nome, codice fiscale, data di nascita, luogo provincia e stato di nascita indirizzo, numero civico, CAP, comune, provincia e stato di residenza);
−    tipo di rapporto di lavoro del padre (lavoratore dipendente - sia del settore pubblico che del settore privato, lavoratore iscritto alla gestione separata INPS, lavoratore autonomo, lavoratore a domicilio, altra situazione lavorativa) e codice fiscale del datore di lavoro del padre;
−    periodi di congedo parentale eventualmente fruiti dal padre in relazione al minore per cui si chiede il beneficio con dettaglio del datore di lavoro presso il quale ha fruito dei suddetti periodi.
Cosa si può ottenere. Il contributo è al massimo 600 euro mensili ed è erogato per un periodo massimo di sei mesi, solo per frazioni mensili intere (cioè un mese continuativo di congedo), in alternativa alla fruizione di altrettanti mesi di congedo parentale ai quali la lavoratrice, di conseguenza, rinuncia.
Per calcolare il periodo di congedo parentale, le frazioni di mese si sommano tra di loro fino a raggiungere trenta giorni, da considerarsi equivalenti ad un mese, mentre i mesi interi si computano come tali, qualunque sia il numero delle giornate di cui sono formati.
Le lavoratrici part-time, in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa, potranno accedere al contributo in base alla ripartizione della tabella. Le lavoratrici iscritte alla gestione separata possono usufruire del contributo per un periodo massimo di tre mesi.
Le lavoratrici possono accedere al beneficio, anche per più figli (in tale caso si deve presentare una domanda per ogni figlio), purché ricorrano per ciascun figlio i requisiti sopra richiamati. Per determinare i mesi di congedo parentale ancora spettanti occorre avere presenti i limiti individuali (massimo 6 mesi) e complessivi (tra i due genitori non superiori a 10 mesi, aumentabili a 11). Pertanto, anche ai fini del contributo in questione, è necessario tenere conto dei periodi di congedo parentale fruiti dal padre del minore.
L'erogazione del beneficio avverrà attraverso il pagamento diretto alla struttura prescelta, che dovrà esibire la richiesta di pagamento stesso e la relativa documentazione. Qualora la lavoratrice chieda il contributo per il servizio di baby-sitting, questo verrà erogato attraverso il sistema dei buoni del lavoro (voucher).

giovedì 6 novembre 2014

Congedo anch’io, congedo parentale - Provincia di Gorizia




Vi segnaliamo il Progetto “Congedo anch’io”, un progetto per la diffusione di una cultura delle pari opportunità tra donna e uomo, finanziato dalla Regione FVG e attuato sul territorio isontino dalla Provincia di Gorizia che, con questa nuova azione, continua il suo percorso di sensibilizzazione al congedo parentale.




giovedì 24 luglio 2014

Donne e lavoro, patto per l'occupazione

Vi riportiamo l'articolo del 23 luglio del Messaggero Veneto 


Sono oltre 300 le dimissioni di neo-madri registrate nel Pordenonese dal 2010 ai nostri giorni, a causa delle difficoltà nel conciliare tempi lavoro-famiglia, dell’impossibilità di fruire di forme di orario parziale o flessibile, della mancanza di familiari cui affidare i figli e del costo elevato dei servizi alternativi.
Sulla base di questi dati, è stato avviato uno studio - su proposta della consigliera di parità della Provincia Chiara Cristini - che ha portato a redigere un accordo pilota per la promozione della conciliazione vita-lavoro. L’intesa è stata siglata ieri, nella sede dell’ente intermedio, dal presidente Alessandro Ciriani, da Confindustria, Confartigianato, Confcooperative, Legacoop, Confcommercio, Cgil, Cisl, Uil e Camera di Commercio. Obiettivo primario del progetto la promozione di soluzioni innovative e flessibili di conciliazione, valorizzando e potenziando i servizi esistenti e creandone di nuovi, vicini alle esigenze di famiglie e imprese, per incidere sulle opportunità occupazionali dei genitori lavoratori, in particolare delle madri. Altro scopo del piano è ripensare la domanda di welfare proveniente dal mondo del lavoro in termini di opportunità di innovazione sociale ed economica, individuando soluzioni di sistema efficaci per il contesto locale. «L’accordo è una sperimentazione - ha spiegato Cristini - per affrontare in modo concreto il fenomeno della conciliazione dei tempi vita-lavoro, che abbiamo studiato in questi mesi. I dati relativi all’occupazione femminile nel mercato del lavoro della provincia sono superiori a quelli regionali e nazionali, ma inferiori rispetto al valore maschile. Non è stato quindi conseguito un quadro di completa parità nel lavoro in riferimento ad accesso e permanenza nel mercato locale. Permangono dei vincoli per le opportunità di occupabilità femminile». Sottoscrivere questo accordo, partendo da casi concreti, significa «ritrovarci con le parti sociali ogni quattro mesi - ha aggiunto la consigliera - per ragionare su soluzioni da cui ripartire per superare questa problematica». Numeri alla mano, nel 2013, il tasso di occupazione femminile è stato del 56,5% a fronte del 72,7% maschile, valori superiori alla media regionale e nazionale, mentre quello di disoccupazione femminile è di 9,5% a fronte di un 6,7% maschile. Il problema dell’occupazione “rosa” riguarda in particolare le madri con figli in età prescolare e scolare e le donne gravate da carichi di cura. «L’intesa è punto di arrivo, ma soprattutto di partenza - ha osservato Ciriani - verso la promozione di atti concreti che non riguardano il solo universo lavorativo femminile, ma i lavoratori in toto. E’ evidente che una buona qualità della vita, senza troppe ansie e preoccupazioni, farà aumentare la produttività stessa degli addetti, con benefici per aziende e famiglie». (g.s.)

martedì 1 luglio 2014

MANIFESTO in favore del 2014 Anno Europeo della Conciliazione della Vita Professionale e Familiare

Vi segnaliamo il: 
MANIFESTO in favore del 2014
Anno Europeo della Conciliazione della Vita Professionale e Familiare






COFACE, la Confederazione delle organizzazioni familiari dell'Unione europea, con più di 50 organizzazioni associate in vari Stati membri dell'Unione dà voce a molti milioni di famiglie. Il tema della conciliazione tra vita professionale e familiare è al centro del lavoro che COFACE svolge da oltre 50 anni a livello europeo.
3 52/2012 - 2 Aprile 2012 Eurostat Euroindicators


  • Le famiglie sono gli elementi costitutivi per un buon funzionamento della società;
  • Le politiche a sostegno delle famiglie sono in grado di creare un ambiente favorevole
  • per affrontare le sfide demografiche e la lotta contro la disoccupazione in Europa;
  • Le politiche che consentano a donne e uomini di conciliare vita professionale e
  • familiare sono essenziali per soddisfare le esigenze delle famiglie e la parità di genere;
  • Le politiche a sostegno delle famiglie, sono cruciali per affrontare e prevenire la povertà
  • e l'esclusione sociale e per impedire e prevenire l’emarginazione delle famiglie;
  • E’ fondamentale richiamare l'attenzione sull'impatto che la crisi economica e finanziaria
  • ha sulle famiglie;
  • Le famiglie hanno un ruolo chiave da svolgere nella prevenzione della dispersione scolastica;
  • La partecipazione e la socializzazione del bambino inizia in famiglia;
  • Le famiglie sono l'unità primaria nell’educazione dei consumatori, in particolare quando
  • si tratta di uno sviluppo sostenibile e consumo responsabile;
  • Le relazioni intergenerazionali sono particolarmente importanti nella vita delle famiglie;
  • Le famiglie sono unità dinamiche e luogo in cui avvengono le più importanti transizioni da
  • una fase di vita ad un'altra. 
L'alto tasso di disoccupazione e la diminuzione della natalità, combinata ad un andamento molto negativo dell'economia, costituiscono oggi le principali sfide che l'UE si trova ad affrontare. Un'adeguata combinazione di politiche familiari, sociali, economiche, d’innovazione e per le pari opportunità sono essenziali per affrontare tali sfide e per trovare soluzioni valide e sostenibili, sia a livello dell'UE che degli Stati Membri.
Diversi studi1 e rapporti dell'OCSE2, della Banca mondiale e dell'UE mostrano che la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e nel processo decisionale ha un impatto positivo non solo sul tasso di natalità, ma anche sull'economia. Ciò richiede uno sforzo da parte dei decisori politici, così come dei datori di lavoro, per rendere il mercato del lavoro più flessibile e inclusivo. La disponibilità di assistenza all'infanzia, il suo costo e la qualità restano ancora un grave problema in molti paesi. Diventa inoltre sempre più importante affrontare anche la questione della cura degli anziani.
C'è una forte componente in favore dei giovani in quest'Anno Europeo. I giovani sono letteralmente il futuro dell'Europa, sia nella loro capacità di forza lavoro, così come futuri genitori delle prossime generazioni di europei. Ma nei tempi attuali disperati, quando il tasso di disoccupazione giovanile è in media al 22,4%3 nell'Ue-27, ed in particolare in alcuni paesi come l'Italia, dove le donne lasciano la casa dei genitori a 29 anni e gli uomini a 30 anni o più, uno non può che chiedersi quando e come questi giovani avranno la possibilità di acquistare la loro prima casa e decidere di avere figli. I genitori hanno un ruolo e una responsabilità nell'educazione sin dalla prima infanzia, per la prevenzione della dispersione scolastica e nel definire l'atteggiamento nei confronti del lavoro e di un consumo responsabile. Inoltre, la solidarietà intergenerazionale comincia e continua principalmente all'interno delle famiglie.
Uno degli obiettivi della strategia Europa 2020 è la riduzione della povertà. Garantendo maggiori possibilità di conciliare il lavoro con le responsabilità familiari e di cura, molte famiglie potrebbero contare su più di uno stipendio, riducendo così il loro rischio di finire sotto la soglia di povertà e permettendo inoltre di offrire ai loro figli una migliore educazione e migliori prospettive per il futuro.
1 Gender equality, economic growth and employment, Åsa Löfström 2007 2 OECD, Doing Better for Families, 2011
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Nel 2014, le Nazioni Unite celebrano il 20° anniversario dell'Anno Internazionale della Famiglia. Celebrare le famiglie nel 2014 sarebbe un modo per riconoscere il ruolo vitale che svolgono in tutti gli Stati membri e in Europa in generale.
L'anno darebbe anche un messaggio molto positivo a tutti i cittadini europei, cioè che l’UE non si occupa solo di competenze e posti di lavoro, ma si sforza anche di migliorare la vita e il benessere dei suoi cittadini. Inoltre, affrontando le sfide demografiche, possiamo anche avere uno sguardo più ottimista per il futuro dell'Unione europea.
L'Anno europeo 2014 è anche un'ottima opportunità per dare continuità ai precedenti anni europei, per affrontare i problemi che stanno a cuore ai cittadini e che fanno parte della loro vita quotidiana. L'Anno europeo 2014 costruirà sui risultati ottenuti negli anni europei precedenti, continuerà a perseguire gli stessi obiettivi strategici, avendo come base delle questioni trasversali estremente rilevanti, in particolare il 2010, Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, il 2011 Anno europeo del volontariato, il 2012 Anno europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni e il 2013 Anno europeo dei cittadini.
COFACE sta attualmente riunendo numerose ONG europee, le parti sociali e le organizzazioni familiari in tutta l’Unione Europea nella campagna per designare il 2014 l'Anno europeo 2014 della conciliazione della vita professionale e familiare.
Auspichiamo che entro la fine del 2012 la Commissione europea prenderà la decisione di designare il 2014 Anno europeo della conciliazione tra vita professionale e familiare e, di affidare a COFACE il ruolo di coordinatore per le organizzazioni della società civile che prenderanno parte alle attività dell'Anno.
In conclusione, ecco alcuni dei principali argomenti a favore dell'Anno:

For more information please contact our Secretariat:
  • Tel: +32 2 511 41 79 | E-mail: secretariat@coface-eu.org | Web: www.coface-eu.org
    COFACE is supported by the European Union Programme for Employment and Social Solidarity - PROGRESS (2007-2013). For more information see: http://ec.europa.eu/progress 

giovedì 26 giugno 2014

VOUCHER PER LE MADRI LAVORATRICI PER L'ACQUISTO DI SERVIZI DI BABY SITTING


Vi segnaliamo che la la legge n.92/2012 ha introdotto, in via sperimentale, per il triennio 2013-15 la possibilità per le madri lavoratrici di richiedere dei voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, rinunciando in tutto o in parte al periodo di congedo parentale. In alternativa, può essere richiesto un contributo- da utilizzare negli undici mesi successivi al congedo obbligatorio, per un massimo di 6 mesi, per usufruire dei servizi per l'infanzia erogati da strutture pubbliche o private accreditate, che aderiscono all'iniziativa.

Per info
http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=8760

martedì 13 maggio 2014

SPETTACOLO FAI DI DANCEABILITY LA SCATOLA DEI SOGNI


LA SCATOLA DEI SOGNI è la performance di Danceability che Cooperativa FAI porterà in scena giovedì 22 Maggio 2014 alle 20.30 presso l’Auditorium Aldo Moro di Cordenons, con il prezioso sostegno istituzionale della Provincia di Pordenone.
Danceability è un progetto voluto da FAI, cooperativa sociale che da ventinove anni opera nell’ambito dei servizi socio-sanitari. Danceability nasce per promuovere percorsi d’inclusione sociale delle persone disabili e per far convivere riabilitazione, integrazione e autonomia. È una tecnica di danza, un percorso creativo all’interno del quale ogni persona, abile e disabile, può liberare le proprie potenzialità espressive nel pieno rispetto delle differenze creando momenti artistici che promuovano soggettività e reciprocità.




martedì 15 aprile 2014

Sindacato: come contrattare la conciliazione?

Sindacato: come contrattare la conciliazione?
Pubblichiamo il post tratto da Conciliazione Plurale di Giulia Mallone
Abbiamo seguito i lavori del convegno “Contrattare la conciliazione famiglia-lavoro” organizzato a Milano dalla Cisl Lombardia


Lunedì 3 marzo presso la sede milanese della Cisl Lombardia, il Coordinamento donne Cisl Lombardia ha organizzato il convegno “Contrattare la conciliazione famiglia-lavoro”, un momento di informazione, riflessione e dibattito sui temi del welfare aziendale e della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro rivolto a tutte le donne e gli uomini dell’organizzazione.
Come ha ricordato in apertura dell’incontro il segretario generale di Cisl Lombardia Gigi Petteni, l’iniziativa si colloca all’interno del percorso intrapreso dalla Cisl per promuovere il cambiamento a tutti i livelli dell’organizzazione. Un percorso che passa attraverso la sensibilizzazione di tutti i membri verso i temi del welfare e della conciliazione, e la riscoperta della centralità della contrattazione. Rivolgendosi alla sala gremita di colleghi, Petteni si è espresso con forza nei confronti della necessità di un cambiamento interno radicale. E’ necessario introdurre la conciliazione famiglia-lavoro nella contrattazione per eliminare quel “senso di disorientamento” che, secondo il segretario, alcuni sindacalisti ancora hanno rispetto al tema.
Come ha ricordato Petteni, il 2014 avrebbe dovuto essere l’anno della conciliazione e la Cisl intende continuare a lavorare sulle cinque direttrici indicate come prioritarie nell’ambito della Dichiarazione scritta n. 32 presentata nel 2012 al Parlamento europeo dalle Parlamentari Marian Harkin, Elisabeth Morin-Chartier, Roberta Angelilli e Jutta Steinruck:
1. Fare la differenza nella qualità della vita di ognuno, anche e soprattutto per i disabili, gli anziani e i loro familiari
2. Passare dalla teoria alla pratica nelle pari opportunità
3. Lavoratori più motivati e produttivi
4. Prevenire la povertà
5. Avere un impatto positivo sul benessere dei bambini.
Tornando invece al livello locale, anche la recente delibera di Regione Lombardia sulla valorizzazione della conciliazione e delle reti territoriali (la DGR X/1081 del 12 dicembre 2013) si prefigge di indirizzare parte dell’operato dell’amministrazione regionale verso il tema della conciliazione, continuando a puntare sulla diffusione della contrattazione. “Questi però – ha incalzato provocatoriamente Petteni - sono i tavoli su cui “si consumano parole”, talvolta con risultati insoddisfacenti: aver ottenuto che parte delle risorse fossero vincolate alla contrattazione non è infatti servito a molto, perché il sindacato non è stato in grado di contrattare questi temi come ci si sarebbe aspettati. In questo senso, affidarsi esclusivamente ai tavoli formali equivale alla morte del sindacato, perché sono i tavoli della contrattazione che ne costituiscono la storia e il futuro”. “Il lavoro vero del sindacato – ha continuato Petteni - deve essere la contrattazione, partendo proprio dai temi della conciliazione, perché l’organizzazione non si allontani dai problemi reali del Paese e dalla sua mission principale di costruire tutele dal basso per i lavoratori”.
“Per contrattare è necessario alimentare una cultura di scambio, equilibrata e giusta. I grandi cambiamenti dell’organizzazione del lavoro di questo periodo possono essere un’occasione di rinnovamento: incidere sulle scelte del Governo è possibile solo se si torna nella direzione della contrattazione, che è un’arte e come tale richiede studio e formazione”. “La giornata di oggi – ha concluso Petteni – deve “scuotere” tutti e ricordare ai delegati, che sono la vera forza del sindacato, che si deve sempre partire dal contatto diretto con i lavoratori”.
Nelle parole del segretario, il richiamo alla necessità di un atto forte di discontinuità rispetto al passato del sindacato, per poterne costruire il futuro. Certo la riorganizzazione in atto all’interno della Cisl costituisce un segnale importante, ma deve essere accompagnata da un percorso individuale di crescita e valutazione da parte di ogni suo membro. La speranza di Petteni è che la forza di discontinuità e l’idea di un sindacato “diverso” partano proprio dalle donne della Cisl e dai nuovi contenuti e strumenti che i delegati hanno dimostrato di saper mettere in campo.
In risposta alla giusta osservazione del segretario Petteni circa l’operato europeo in tema di conciliazione famiglia-lavoro, la parlamentare europea Patrizia Toia ha chiarito subito che, se indubbiamente la questione femminile e il supporto alla famiglia sono tematiche discusse all’interno delle istituzioni europee, si potrebbe certamente fare di più. “Ricordiamoci che le posizioni degli attori nazionali – ha esorditoe Toia - possono influenzare le scelte a livello europeo indirizzandone gli orientamenti, ed è quindi bene assumere una visione europea anche nelle scelte sociali, sindacali e politiche”.
Si tratta poi di un momento “strategico” per l’Italia: non solo le elezioni costituiscono una grande occasione per rinnovare la vita politica europea, ma il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea da luglio a dicembre 2014 vedrà il nostro Paese come protagonista di una fitta agenda di iniziative. “L’Europa sarà in Italia – ha spiegato Toia - anche “fisicamente”! L’occasione di non essere un paese marginale e influenzare l’agenda è cruciale, e bisogna “immergersi” nella dimensione europea per coglierne le opportunità ma anche e soprattutto per colmarne i vuoti”.
“Le politiche di conciliazione – ha ammonito Toia - non possono però essere soltanto una risposta al seppur drammatico gap occupazionale tra uomini e donne ma devono essere politiche più ampie per le famiglie e per l’intero contesto locale di riferimento”. Le politiche di conciliazione indirizzate alla riduzione del divario occupazionale sono una componente importante, ma ci vuole un sistema di politiche integrato, che vada dal sostegno agli oneri di cura dei figli all’educazione e fino all’active ageing e ai servizi di long-term care.
“Sarà che le politiche famigliari e sociali sono di competenza degli Stati membri – ha commentato la parlamentare - ma l’Europa è troppo cauta rispetto ai temi della famiglia. Il rispetto delle scelte nazionali è legittimo, ma l’Europa deve ricominciare a occuparsi del nucleo famigliare, comunque esso venga definito e concepito in ogni singolo Paese perché le politiche degli Stati Membri siano coerenti tra loro e con il disegno europeo”. Venendo poi alla “questione” del mancato Anno Europeo della Conciliazione 2014, Toia ha spiegato che a seguito della proposta al Parlamento europeo attraverso la dichiarazione scritta, il Presidente uscente della Commissione José Manuel Barroso ha dichiarato alla stampa di voler continuare per il 2014 a lavorare sul tema della cittadinanza iniziato nel 2013. Si è trattato di una decisione unilaterale che Toia ha definito senza mezzi termini un “atto di cecità e arroganza influenzato dalla vicinanza delle elezioni”.
Patrizia Toia ha poi concluso il suo intervento ricordando ai presenti che l’appartenenza all’Europa rimane, per noi italiani, fonte di grandi stimoli: il panorama europeo è infatti al suo interno molto diverso, e possiamo imparare dalle scelte degli altri Stati Membri. I paesi scandinavi hanno un ventaglio articolato di proposte e servizi di supporto, derivanti da una cultura politica diffusa; in Germania invece l’apertura culturale non è pari, ma la necessità di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, specialmente negli ultimi anni, ha portato all’offerta di contributi e servizi. La Francia invece ha attuato una politica coerente di sostegno alla natalità che non è mai variata con i cambiamenti politici al vertice, senza connotazione ideologica: assegni famigliari “forti” che possono davvero influenzare le scelte di vita, lavoro a tempo ridotto che però non è residuale ma consente mobilità di carriera e un fisco che aiuta le famiglie. L’impegno per il futuro deve essere quello di imparare, ma anche di non rinunciare a fare proposte.
La Cisl si impegna a diventare un’organizzazione sindacale del futuro attraverso un ritorno alla contrattazione sul campo e una maggiore consapevolezza dei bisogni territoriali e concreti. “Petteni ha ragione – ha chiarito subitoLiliana Ocmin, segretaria confederale della Cisl - però come Cisl chiediamo anche che il Governo si confronti con i sindacati per la costruzione di quelle politiche del lavoro che il nuovo Presidente del Consiglio sembra ritenere centrali”. “Soprattutto perché il fatto che il nuovo governo non preveda un Ministero delle Pari Opportunità e della Famiglia – ha notato Ocmin - dimostra quanto il tema della conciliazione sia trascurato, anche a fronte del problema drammatico della denatalità in Italia”. Le donne che smettono di lavorare per prendersi cura di figli e anziani – anche in una regione come la Lombardia - sono ancora troppe.
Il sogno della Ocmin: “La volontà autocritica che la Cisl dimostra deve essere funzionale al cambiamento verso un sindacato nuovo, che valorizzi le donne, faccia largo ai giovani dell’organizzazione ma si ponga anche l’obbligo morale di 'non accompagnare nessuno alla porta'. Il sindacato non può più vivere di 'rendite sindacali' ma deve cambiare veramente l’agire quotidiano attraverso un grande lavoro sulla mentalità di tutti”. Un lavoro in cui la contrattazione è la “strada maestra”: al suo interno devono trovare spazio la conciliazione famiglia-lavoro e il sostegno alle famiglie, ma anche la tutela dei diritti di tutti i lavoratori, dei giovani e degli immigrati.
“Il coordinamento donne della Cisl – ha precisato Ocmin - ha bisogno della sensibilità delle donne e nasce in un’ottica di genere. Ma lavora a beneficio di tutta l’organizzazione, per costruire un’alleanza trasversale per la famiglia all’interno della società con la speranza di recuperare terreno anche a livello europeo.”
Anna Maria Ponzellini, studiosa di organizzazione del lavoro e consulente per la società Apotema, ha sottolineato come in Italia la conciliazione sia ancora una questione di genere: sono troppi gli strumenti di ghettizzazione delle donne, mentre bisognerebbe contrattare strumenti che siano utilizzabili da tutti - uomini e donne - studiati in base ai diversi bisogni delle persone lungo il ciclo di vita. “Bisogna inoltre sempre valutare i limiti reali e i costi per le imprese, specialmente per quelle piccole. Lo stesso sistema produttivo risente della mancanza di politiche di conciliazione: si pensi all’assenteismo delle madri in malattia perché non trovano altro modo di gestire i bisogni”.
“La svolta per il sindacato – ha continuato Ponzellini - sarà puntare meno sui diritti e più sulla produttività. Madri e padri sono risorse umane e per questo vanno tutelate, non perché “casi pietosi”. Sono risorse inserite in azienda e formate, e quando lasciano l’azienda si tratta di una perdita per quest’ultima”. Certo l’incontro tra esigenze dell’impresa e dei lavoratori non è automatico ma può essere espresso, perché si tratta di interessi diversi ma non necessariamente in conflitto. “Il sindacato – ha proseguito Ponzellini - deve essere più creativo e “riprendere il controllo” sulla contrattazione attraverso maggiore competenza per gestire insieme al management l’organizzazione del lavoro. L’innovazione organizzativa in Italia è più necessaria di quella tecnologica!”.
Secondo la Ponzellini sono tre le aree principali di sviluppo della conciliazione all’interno della contrattazione:
- Innovazione organizzativa e orari flessibili
- Gestione attiva della maternità e dei congedi parentali
- Welfare aziendale.
Il tutto, a beneficio della produttività e della capacità dell’azienda di rispondere al mercato.

Giusy Amadasi, responsabile del coordinamento donne della Femca regionale, ha raccontato ai colleghi presenti la propria esperienza di contrattazione della conciliazione partita nel 2008 e recentemente rinnovata. Un accordo d’eccellenza per la conciliazione, che ha coinvolto le 350 dipendenti dell’azienda Lubiam di Mantova, nato dalla volontà della proprietà di migliorare l’organizzazione interna dei turni delle lavoratrici.
“Già nel 2006 grazie alla sensibilità della moglie dell’imprenditore – ha raccontato Amadasi – la Lubiam ha introdotto, beneficiando dell’Art. 9 della legge 53/2000, una serie di misure di conciliazione e welfare come flessibilità oraria, percorsi formativi al rientro dalla maternità, estensione del part-time, sportelli di ascolto in azienda con medici specialisti, legali e commercialisti, e accoglienza dei bambini con attività di gioco e svolgimento compiti in occasione della chiusura delle scuole. In seguito è nato il nido aziendale in collaborazione con il Comune, aperto anche a parte della circoscrizione”. Le opportunità fornite dall’Art. 9 della legge 53/2000 prima, e dai bandi regionali per il welfare poi, si sono rivelate fondamentali per la creazione del sistema. Quali sono stati i risultati per l’azienda? “Minore assenteismo, miglioramento dei rapporti interni e crescita dell’immagine dell’azienda a livello locale”, ha assicurato Amadasi.

Giorgio Caprioli, responsabile dell’Osservatorio Contrattazione della Cisl Lombardia ha presentato i risultati dell’analisi degli accordi raccolti in Lombardia per l’anno 2013. La Cisl Lombardia si impegna infatti ogni anno nella raccolta, sistematizzazione e diffusione degli accordi di secondo livello più innovativi conclusi sul territorio. Un database che contiene ormai 1.600 accordi. Di questi, fino al 2012 solo 173 riguardavano i temi della conciliazione e del welfare, mentre nel solo 2013 sono diventati 239. “La percentuale degli accordi che affrontano i temi della conciliazione e del welfare aziendale – ha commentato Caprioli - è in continua ascesa rispetto agli anni passati”.
Quali sono gli strumenti più diffusi?
Flessibbilità: flessibilità in entrata/uscita nell’arco della giornata, da part-time, banca ore, telelavoro, e job sharing
Permessi: permessi retribuiti per visite mediche, cura dei figli e altro, frazionabilità dei permessi e permessi non retribuiti
Integrazione del salario e servizi: sostegno allo studio, carrello della spesa, integrazione al trattamento di maternità obbligatoria e facoltativa, servizi come asilo nido, baby-sitting e contributi economici per la fruizione di servizi.
Prima delle conclusioni di Fiorella Morelli, Responsabile Coordinamento Donne Cisl Lombardia, la Consigliera di parità regionale Carolina Pellegrini ha preso la parola per ribadire, d’accordo con Petteni, la necessità di cambiamento e della valorizzazione della componente creativa della contrattazione. “La conciliazione non è una questione delle donne – ricorda Pellegrini – perché la famiglia è l’ossatura fondamentale della nostra società”. 
“La Cisl ha da sempre obiettivi e metodi conciliabili con il lavoro delle istituzioni – ha spiegato la Consigliera di parità - ma è fondamentale che oggi acquisisca anche competenze sulle discriminazioni di genere. Per questo con i coordinamenti regionali si è deciso di organizzare momenti formativi per diffondere le conoscenze al fine di prevenire e rimuovere le cause della discriminazione, e i corsi sono stati declinati per tutti i territori in collaborazione con le sigle sindacali e le consigliere provinciali”. Il primo corso sperimentale – con lezioni frontali, laboratori ed esemplificazioni della contrattazione - si è svolto a Lecco nei mesi di ottobre e novembre, mentre i prossimi saranno a Cremona, Milano e Brescia. “Le istituzioni – ha concluso Pellegrini - hanno bisogno del sindacato: un sindacato illuminato e non arroccato su posizioni obsolete. Per questo la speranza è di costruire con la Cisl un’alleanza sempre più forte e consolidata”.

mercoledì 2 aprile 2014

La crisi affonda l’anno europeo della conciliazione tra famiglia e lavoro


Uma Thurman in una scena di Motherhood, il bello di essere mamma (2009)

Dal 2008 a oggi il numero di figli per donna è tornato a scendere. E per chi il lavoro ce l'ha l'impegno fuori casa è diventato ancora maggiore


“Gentile commissaria, apprendiamo con stupore che nel corso dell’evento conclusivo dell’anno europeo per i cittadini 2013 , Lei ha dichiarato che le azioni e gli eventi di questo anno continueranno anche per il 2014, anno delle elezioni europee. Ben consapevoli dell’importanza dell’informazione sul tema della cittadinanza, ci chiediamo però cosa sia successo all’anno europeo della conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare. Vorremmo conoscere a quale livello è stata presa la decisione di rinviare l’anno europeo della conciliazione e su quale base”.
E’ questo l’incipit di una lettera inviata dall’eurodeputata Patrizia Toia alla commissaria europea Viviane Reding. Il 2014 è iniziato da un pezzo e bisogna fare i conti con l’evidenza: l’anno europeo della conciliazione è stato affossato dalla crisi. Era stata la Coface, Confederazione delle organizzazioni familiari dell’Unione europea, a prendere l’iniziativa e raccogliere le 388 firme di parlamentari europei sotto la richiesta di designazione dell’anno 2014 come anno europeo della conciliazione tra vita professionale e familiare. Le associazioni femminili si sono date da fare in questi mesi per organizzare iniziative, convegni, celebrazioni. Ma ora del 2014 anno europeo della conciliazione non c’è più traccia.
Si dirà: di questi tempi manca il lavoro, di conseguenza c’è anche poco da conciliare. Ma in realtà non è così. La crisi non ha vie di mezzo. C’è chi non lavora, è vero. Ma ci sono anche tanti che lavorano il doppio pur di strappare qualche risultato degno di nota. E questo succede sia ai dipendenti che ai liberi professionisti, agli imprenditori e ai lavoratori autonomi. I tempi del lavoro con la crisi sono diventati ancora più flessibili. E le tecnologie portano a rendersi disponibili per un archi di tempo nella giornata sempre più lunghi. In tutto questo la crisi non fa che tagliare gli interventi di welfare (asili e non solo) a supporto delle famiglie. Già queste constatazioni dovrebbero togliere ogni dubbio riguardo alla necessità di non cancellare la conciliazione dall’agenda della politica. Tantopiù che dal 2008 il numero di figli per donna (che era aumentato negli anni 2000) ha ripreso a scendere.
Bisognerà aspettare il 2015 per avere l’anno europeo della conciliazione? Essia. A volere essere positivi, un vantaggio potrebbe esserci. Nel frattempo si potrebbe cambiare paradigma e non parlare più solo di conciliazione ma anche di condivisione. Perché tenere assieme lavoro e famiglia diventa più facile se a casa i compiti sono suddivisi in modo equo.

mercoledì 5 febbraio 2014

2014 ANNO EUROPEO PER LA CONCILIAZIONE









Il 7 febbraio il Parlamento Europeo ha adottato la Dichiarazione scritta n. 32 in cui si chiede la designazione del 2014 come Anno europeo per la conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare; un’iniziativa che nasce con l’intento di aumentare la consapevolezza di politiche specifiche negli Stati membri, ottenere un nuovo impegno politico per rispondere ai problemi che interessano le famiglie (in particolare quelli connessi alla crisi economica e sociale), attrarre l’attenzione e diffondere buone pratiche fra gli Stati membri, nonché promuovere politiche “family friendly”.                                    
Le politiche per la conciliazione rappresentano infatti un importante fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali e servono a fornire strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e sfera familiare, consentano a ciascun individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli che gioca all’interno di una società complessa. Queste politiche coinvolgono la società nella sua interezza, uomini  e donne, organizzazioni, la sfera privata come quella pubblica e hanno un impatto sul riequilibrio dei carichi di cura all’interno della coppia, sull’organizzazione del lavoro e dei tempi delle città.            

Per questa via si spera anche di contribuire a raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, che mira a sottrarre almeno 20 milioni di persone dalla povertà e dall’esclusione sociale e ad innalzare al 75% il tasso di occupazione delle donne e degli uomini di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Mettendo in campo politiche di conciliazione e di condivisione dei carichi di cura, sarà anche possibile rilanciare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rafforzare l’uguaglianza di genere e contribuire a rispondere alle sfide demografiche.  
                                                                                       
 L’iniziativa è stata denominata “Anno del Pinguino”, specie che, per natura, mette in atto strategie di condivisione de i carichi di cura: mentre un genitore bada ai cuccioli, l’altro si occupa di procurare cibo; al ritorno dalla pesca, i genitori si scambiano quindi i ruoli. Significativa in questo senso l’immagine scelta per la campagna: un’allegra famiglia di pinguini.

tratto da http://news.leonardo.it/2014-anno-europeo-per-la-conciliazione-tra-vita-lavorativa-e-vita-familiare/

martedì 4 febbraio 2014

Rete per l'innovazione nel sociale: Newsletter Legacoop FVG

Rete per l'innovazione nel sociale: Newsletter Legacoop FVG: Nuovo incarico di prestigio per il Consorzio Vives(pubblicato il: 03/02/2014) Nuovo, importante incarico per il Consorzio Vives. ...

venerdì 24 gennaio 2014

martedì 21 gennaio 2014

Nidi aperti: apre le porte il Nido Diffuso.


Nidi aperti: apre le porte il Nido Diffuso.


Sabato 25 e domenica 26 gennaio “Il Piccolo Principe” di Silvia Genovese e “Karl & Ellie” di Alessia Anese, aprono su appuntamento le porte delle loro case.
I nidi domiciliari collocati a Villanova di Pordenone, promossi dalla Rete per l’Innovazione nel sociale e co-gestiti dalla Cooperativa FAI, rappresentano nuovi servizi a misura di famiglia che a differenza di quelli ordinari, accolgono non più di 5 bambini per casa, dagli 0 ai 3 anni, offrendo qualità e flessibilità sul modello delle Tagesmutter.
Per appuntamento Alessia Anese 333 8815359, Silvia Genovese 338 3449392






















giovedì 9 gennaio 2014

REINSERIMENTO LAVORATIVO DOPO LA MATERNITA'


REINSERIMENTO LAVORATIVO DOPO LA MATERNITA'
Pubblichiamo lo studio sul reinserimento lavorativo dopo la maternità tratto da Conciliazione Plurale
A cura di Cristina Giammella

Introduzione e inquadramento del tema

A conclusione del percorso di studi in Psicologia dei Processi Sociali, Decisionali e dei Comportamenti economici dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, ho svolto una tesi di laurea sperimentale sul tema del reinserimento lavorativo dopo la maternità. Al fine di ringraziare e restituire gli esiti di questo lavoro alle persone che hanno promosso e partecipato alla ricerca, ne presento una breve sintesi.
Lo studio ha analizzato la situazione femminile nel mercato del lavoro italiano che, come risaputo, è tutt’altro che “rosea”: i dati Istat, (luglio 2013), mostrano, infatti, un tasso di occupazione maschile pari al 65% a fronte del 46,8% per il genere femminile. La situazione risulta invertita per quanto riguarda il tasso di inattività, che si attesta al 46,8% per le donne, contro il 26,4% per gli uomini.
Diverse cause sarebbero all’origine di questo “gender gap”: prima fra tutte, la difficoltà a conciliare famiglia e lavoro, in particolare dopo la nascita di uno (o più) figli. In Italia, secondo l’Istat, prima della nascita del primo figlio, lavorano 59 donne su 100; dopo la maternità continuano a lavorare solo 43 su 100 (Isfol, 2009), con un tasso di abbandono pari al 27,1%. A lasciare o a perdere il lavoro sono prevalentemente:
  • le neo-madri residenti nel Mezzogiorno (29,8%),
  • le madri più giovani con meno di 25 anni (45,1%),
  • le primipare (24,7%),
  • le madri che vivono in coppia (22,9%)
  • quelle con basso livello di istruzione (32,2%).
Il titolo di studio, in particolare, è un fattore rilevante per la partecipazione femminile al mercato del lavoro: lasciano o perdono il lavoro solo il 12,2% delle neo-madri occupate in gravidanza con alto  livello di istruzione (Istat, 2013).
L’ “evento maternità” sembra dunque frenare progressivamente la carriera delle donne e la loro possibilità di raggiungere posizioni apicali di rilievo o di ricoprire ruoli significativi. La carenza dei servizi volti a conciliare vita professionale e familiare continua a essere un freno alla partecipazione al mercato del lavoro nei primi anni di vita dei figli. All’interno della famiglia, anche tra le coppie in cui entrambi i coniugi lavorano, i carichi domestici e di cura gravano in misura sproporzionata sulle donne.
Il permanere di una visione tradizionalista della società e dei ruoli di genere contribuisce a mantenere inalterato il ruolo di padre come maggiore breadwinner della famiglia e di madre come caregiver primario e, anche se lavoratrice, con un ruolo secondario nel mantenimento della famiglia rispetto al marito (Simmel, 1890).
Le donne si trovano dunque davanti ad un difficoltoso trade-off fra carriera e maternità, quando non addirittura tra lavoro e maternità. La nascita di un figlio incide sul reinserimento lavorativo delle donne e sulla loro decisione a riprendere il lavoro dopo il periodo di congedo.

La ricerca: obiettivi e metodologia

Partendo da questo scenario la ricerca ha cercato di indagare l’intenzione di ripresa lavorativa delle donne dopo il periodo di maternità, cercando di valutare l’influenza di alcune variabili:
  • Il Sex-Role Orientation, usato per descrivere l’inclinazione generale di una persona ad orientarsi in modo coerente oppure non coerente con le tradizionali idee di ruolo sessuale (Atkinson & Huston, 1984).
  • Il Work Engagement, definito come: “l’essere imbrigliati nel proprio lavoro da parte dei membri di un’organizzazione” (Kahn W.A., 1990). Analogamente l’engagement lavorativo è definibile come una “uno stato mentale positivo associato al lavoro e caratterizzato da Vigore (Vigor), Dedizione (Dedication) e Assorbimento (Absorption)”, (Schaufeli, Salanova, Gonzalez e Bakker, 2002).
Nello stesso tempo lo studio ha cercato di verificare l’influenza di alcune variabili socio-demografiche e del supporto sociale (strutture sul proprio territorio di residenza alle quali affidare il proprio figlio e possibilità di usufruire del supporto da parte di padri, nonni o altre figure significative).
Per la raccolta dati, tra maggio e giugno 2013, è stato somministrato un questionario on-line ad un gruppo di mamme in congedo per maternità che avevano un’occupazione prima di restare incinte ma che, al momento della compilazione, non stavano lavorando. Al fine di raccogliere un numero sufficiente di soggetti sperimentali e raggiungere donne-madri di tutto il territorio italiano, il questionario è stato diffuso sui principali social network e in particolare nei gruppi LinkedIn e Facebook di madri (o future madri) in gravidanza.

Risultati

Per quanto riguarda l’intenzione a reinserirsi nel mercato del lavoro dopo il periodo di maternità, la maggior parte delle donne (85,3%) si dichiara intenzionata a riprendere il lavoro dopo la maternità e solo una piccola percentuale (14,7%) dichiara di non voler riprendere a lavorare.
Ora, seguendo l’ordine delle ipotesi (che in questo post non sono state presentate per questioni di sintesi), verranno brevemente presentati i risultati emersi dall’indagine.

Ipotesi primarie

Prima ipotesi sperimentale: le donne che intendono riprendere a lavorare hanno un Sex Role meno tradizionalista?
  • Le donne che riprenderanno il lavoro hanno un punteggio sulla scala ISRO minore di quelle che non riprenderanno a lavorare. Avere un punteggio basso significa essere “non tradizionalista”, perciò le donne che pensano di tornare sul posto di lavoro o di cercare una nuova occupazione sono meno tradizionaliste di quelle che non riprenderanno a lavorare.
  • In particolare si rileva che, a punteggi ISRO più bassi, quindi quanto più un soggetto risulta essere “non tradizionalista”, minori sono i giorni che intercorrono tra la data del parto e la data della ripresa lavorativa.Dunque le donne meno tradizionaliste tendono a manifestare maggiore intenzione di riprendere il lavoro e tenderebbero a rientrare prima rispetto a quelle più tradizionaliste.
  • Dai punteggi ottenuti dai soggetti nella Bem Inventory è emersa una differenza significativa tra i due gruppi di donne nella scala di mascolinità, mentre non emergono differenze significative per la scala di femminilità. In particolare, le donne che riprenderanno il lavoro hanno un punteggio di mascolinità più elevato rispetto a quelle che non riprenderanno a lavorare. Al contrario, le medie dei punteggi di femminilità non risultano statisticamente diversi: non vi è differenza tra i due gruppi di madri in relazione alla scala di femminilità.
Seconda ipotesi sperimentale: le donne che intendono riprendere a lavorare hanno un Work Engagement più elevato?
  • Non è emersa una differenza significativa tra i due gruppi di donne (che pensano di riprendere o di non riprendere il lavoro) quindi, inizialmente, l’Engagement non è risultato influenzare l’intenzione di ripresa.
  • Tuttavia dopo aver categorizzato il punteggio di Work Engagementin cinque categorie da “Molto basso” a “Molto Alto” e dopo averlo messo in relazione con l’intenzione o mancata intenzione di ripresa lavorativa è emerso che la maggior parte delle donne che rientreranno al lavoro hanno punteggi medio-alti di Engagement, mentre quelle che non riprenderanno hanno punteggi più bassi. Dunque maggiore è il coinvolgimento positivo della lavoratrice nel proprio lavoro, maggiore risulta essere l’intenzione di ripresa lavorativa.

Ipotesi secondarie

Esiste una correlazione tra Work Engagement e Sex Role Orientation?
  • Contrariamente a quanto ipotizzato, essere tradizionalista o non tradizionalista non sembra avere una relazione con il livello di coinvolgimento al lavoro.
  • Avere un elevato Work Engagement sembra essere in relazione con l’inclinazione a ruoli maschili o femminili ma non è chiara l’entità di questa relazione.
Le variabili socio-demografiche influenzano l’intenzione di ripresa lavorativa?
  • Il territorio di residenza, il reddito e la professione svolta risultano essere variabili significative nell’influenzare l’intenzione al rientro lavorativo. In particolare la maggior parte delle donne che manifesta l’intenzione di riprendere il lavoro risiede nei territori del Nord Italia, ha una fascia di reddito medio-alta e svolge una professione che richiede un elevato grado di scolarizzazione.
  • Solo per le donne che hanno detto di voler riprendere il lavoro è stata testata l’influenza delle stesse variabili sulla durata del congedo: in questo caso solo il titolo di studio e la professione svolta sono risultati significativi: le “professioniste” sarebbero le donne che trascorrono minor tempo lontane dal lavoro, seguite a breve distanza dalle “impiegate”, dalle “addette a scuola, educazione, sanità e sicurezza” e dalle “operaie”.
 Il supporto sociale influenza l’intenzione di ripresa lavorativa?
  • E’ stata testato l’influenza del supporto sociale sulla scelta di reinserimento lavorativo e, dai risultati ottenuti, la presenza di strutture sul proprio territorio di residenza non sembra avere un’influenza né sull’intenzione di riprendere il lavoro né sul periodo trascorso a casa dopo la maternità.
  • Nello stesso tempo, la possibilità di usufruire di supporti per la cura del proprio figlio da parte di mariti e conviventi, nonni o altre figure significative è risultata avere un’influenza sull’intenzione o di ripresa lavorativa ma non sulla durata del congedo.

Conclusioni

La ricerca ha identificato molte variabili in grado di influenzare la scelta delle neo-madri di riprendere o di non riprendere il lavoro dopo la maternità. In particolare la scelta di reinserimento lavorativo sembra essere dettata dalla volontà individuale ma risente molto di variabili culturali e contestuali. Infatti, oltre all’influenza delle caratteristiche socio-demografiche individuali, abbiamo potuto osservare l’influenza della cultura e del contesto tramite il Sex Role Orientation, il Work Engagement e il supporto sociale.
In letteratura sono presenti moltissimi studi che prendono in considerazione la relazione tra maternità e lavoro retribuito ma, nessuno di questi, aveva mai analizzato l’intenzione di ripresa lavorativa delle neo madri cercando di valutarne i possibili fattori di influenza.
Nello stesso tempo non era mai stato preso in esame il legame tra reinserimento lavorativo, Sex Role Orientation e Work Engagement e, quindi, da questo punto di vista, l’indagine condotta sembra aver fornito spunti interessanti per successivi approfondimenti.