di
Arianna Pasquali
La
spinta verso il mare della conciliazione si è fatta propulsiva all’interno
della nostra cooperativa circa due anni fa. È forse ovvio da dirsi ma nasce da
una visione, da un investimento dell’organizzazione su qualcosa di intangibile,
come lo sono le relazioni e i rapporti umani anche dentro le organizzazioni. Si
è trattato di una scelta consapevole da parte della Direzione: investire su un
progetto che non avrebbe portato alcun riscontro economico immediato, se non
buone prassi che avrebbero migliorato genericamente il clima interno, citando
la terminologia afferente la politica per la qualità
Così
è nato Fai la cosa giusta, progetto family friendly finalizzato all’apertura di
uno sportello interno per la conciliazione in cooperativa. Questa l’idea
progettuale iniziale, coerente e completa nei suoi obiettivi ed azioni ben
calibrati e dosati, dalla valutazione – indagine sulla situazione interna
(attraverso questionari per tutta la compagine sociale e interviste alla
direzione), al lavoro di studio-consulenza ed infine al clou, l’avvio dello
sportello sulla conciliazione per tutti i soci.
– il progetto ha preso vie di sviluppo
inizialmente inaspettate;
– il tema conciliazione è così ampio da
raccogliere istanze provenienti da tutti i nostri ambiti di lavoro;
– conciliazione diventa mediazione tra le
esigenze del singolo individuo e quelle dell’organizzazione;
– ad efficacia di comunicazione con il
socio-lavoratore corrisponde la sua soddisfazione in quanto le sue istanze
vengono considerate e conciliate in un contesto di ascolto super partes.
Le
politiche aziendali di conciliazione racchiudono in sé il concetto caro al
sociale di flessibilità: più aumentano le esigenze di flessibilità più
un’organizzazione si trova a cercare soluzioni e modulare gli orari in modo
sempre più flessibile. Il primo ambito in cui la flessibilità agisce innovando
il sistema organizzativo è quello delle risorse umane. Le imprese che
coinvolgono i propri soci-lavoratori in processi di innovazione e di sviluppo
valorizzano al meglio il potenziale lavorativo, maschile e femminile,
riconoscendo e rafforzando le competenze che permettono di gestire nuovi ruoli
in contesti sempre più complessi e mutevoli.
La
conciliazione tra lavoro e famiglia è una problematica individuale ma assume
una valenza collettiva di fronte alle regolamentazioni contrattuali ed
aziendali che ne definiscono le condizioni. Tra le parti sociali e all’interno
delle imprese aumenta la consapevolezza del fatto che il benessere personale
dei propri lavoratori e lavoratrici assume un ruolo determinante per la loro
performance professionale. Il lavoratore e la lavoratrice che, con l’aiuto
dell’organizzazione, hanno trovato soluzioni soddisfacenti per la gestione
quotidiana delle incombenze familiari, infatti, contribuiscono meglio allo
sviluppo e alla produttività dell’impresa. La competitività di un’impresa
risiede, quindi, anche nella capacità di disporre, organizzare e motivare le
risorse umane occupate, in ottica più family friendly.
Analizzando
nel dettaglio ci si rende conto che un’impresa family friendly vive in un
equilibrio governato da un’antinomia tra le due sfere: la conciliazione è una
problematica individuale che assume valenza collettiva. Questa apparente
contraddizione in termini trova il suo senso in un campo neutro di incontro tra
i due insiemi di esigenze, quelle personali/familiari e quelle
organizzativo/aziendali.
I
vantaggi nelle politiche di conciliazione possono essere tracciati nei due
ambiti così come di seguito.
Per
l’impresa e organizzazione il valore aggiunto si riscontra nella diminuzione di
assenze e malattie, nel calo del turnover, nella possibilità di mantenere
know-how all’interno dell’impresa, in una maggiore produttività mentre gli
investimenti per la qualificazione del personale rimangono nell’impresa.
Inoltre è possibile un utilizzo efficace del personale secondo bisogno, si nota
una reattività pronta e flessibile ai cambiamenti, vi è un maggiore rendimento
dei lavoratori motivati ed è possibile l’acquisizione e la fidelizzazione di
collaboratori qualificati ed impegnati, aumenta la valorizzazione dell’immagine
aziendale.
Dall’altro
punto di vista, quello dei soci-lavoratori e lavoratrici si può valutare una
minore conflittualità sul tempo, un adeguamento del lavoro alle esigenze
individuali e aziendali, una maggiore facilità nel rientro dai periodi di
aspettativa, possibilità maggiori di riappropriarsi del tempo, maggiore
continuità professionale, opportunità di lavoro part-time qualificato,
miglioramento del clima aziendale, maggior impegno in azienda, possibilità di
intervenire nelle decisioni, maggiore flessibilità nell’organizzazione dei
tempi dedicati al lavoro e al tempo libero, meno carico e stress per impegni
familiari e lavorativi.
Il
tema della conciliazione non si presta ad una concertazione più di tanto
collettiva né ad essere regolamentata da una normativa nazionale se non per
quanto attiene i principi generali. Le imprese, il mondo del lavoro, enti
locali e società civile hanno il compito di trovare un punto d’incontro ed
avviare progettualità che siano in grado di coniugare l’interesse dei
lavoratori, dei datori di lavoro e della collettività.
Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.
Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.
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