Post
tratto dal blog di Graziano Maino
(mainograz.com/2012/05/07/conciliazione-cosa-concilia-con-cosa), socio Studio
Pares di Milano,
formatore
e consulente sui temi della qualità e della valutazione sociale
Le parole – si sa – sono importanti, in particolare quando identificano questioni sociali non secondarie per la vita di un sacco di persone. E sono ancora più importanti quando sono unanimemente impiegate in forma etichette (auto)evidenti. Bene, quando accade è la volta buona che passano idee indiscutibili, proprio in situazioni nelle quali discussione e confronto dovrebbero essere di casa.
Cosa
concilia con cosa? Ci sono espressioni che mi sembrano imprecise (comode,
brevi, veloci... ma imprecise):
Conciliazione
tra vita e lavoro Viene da obiettare anche il lavoro fa parte della vita.
L’espressione poi implica che il lavoro non è vita (a me pare che non sia
così);
Conciliazione
tra tempo di vita e tempo di lavoro La formula, a parte contrapporre lavoro a
vita, introduce (forse) l’idea che siano i tempi a non trovare aggiustamenti
sostenibili (sono solo i tempi che non si armonizzano?);
Conciliazione
fra lavoro e famiglia Questa mi pare un’espressione migliore, se non fosse che
si tratta di precisare il senso di famiglia (e qui si potrebbe discutere).
L’espressione ha un aspetto interessante: implica che si possa ricercare la
conciliazione tra il lavoro (di chi?) e la famiglia (e non solo la donna!). Ma
il punto vero – per me – è che si tratta di conciliare il lavoro con molte
altre attività;
Conciliazione
tra tempo di lavoro e tempo personale Questa soluzione non mi dispiace, ma ha
lo svantaggio di implicare una visione individuale della conciliazione. E ciò a
causa di quel tempo personale (personale = del singolo al/la quale ci si
riferisce);
Conciliazione
tra tempi di lavoro e tempi personali Mantiene la prospettiva individualista ma
almeno moltiplica gli elementi da conciliare (la sfumatura aiuta a percepire le
molteplici strade percorribili?);
Conciliazione
tra tempi di lavoro e tempi personali e della famiglia Ecco che – ancora una
volta – nella società irriducibile a monoconformismi, trionfa il plurale.
L’espressione non è orecchiabile ma si presenta come un accettabile
compromesso(?);
Qualche
altro suggerimento? Forse soluzioni diverse per le diverse situazioni? Forse è
meglio lasciar perdere?
Decidere
quali sono le dimensioni esistenziali che vogliamo provare a (far) conciliare –
almeno un po’, un po’ di più di quanto avviene adesso – significa introdurre il
tema della responsabilità. A chi spetta il compito di lavorare per far crescere
la quota di conciliazione che circola nella società?
A
me piacerebbe poter conciliare: la dimensione familiare (sono papà e marito, ma
anche figlio, fratello e altro ancora in termini di legami parentali); la
dimensione sociale (abbiamo amici, anche se sull’amicizia in età adulta
varrebbe la pena fare un qualche ragionamento); la dimensione civico-politica
(la politica è un’attività impegnativa e importante, e ci sono tanti spazi per
farla); la dimensione lavorativo-professionale (l’ho lasciata per ultima perché
spesso mia moglie sostiene che metto il lavoro al primo posto. È possibile,
qualche volta;-)
Pubblicato sull'inserto speciale FAMILY FRIENDLY , uscito nel numero di MACRAME' di settembre 2012.
Nessun commento:
Posta un commento