giovedì 19 luglio 2012

Cambiare il ruolo degli uomini In Norvegia per sollecitare sempre più uomini a partecipare in prima persona alla cura del nascituro, 10 settimane sono riservate al padre

Vi segnalo il punto di vista maschile alla questione conciliazione in un Paese come la Norvegia
Il seguente articolo è tratto dal sito : http://unaqualunque.it/a/2339/cambiare-il-ruolo-degli-uomini.aspx


Nell’ambito del dibattito sulla parità dei sessi in Norvegia, l'attenzione rivolta al ruolo degli uomini genera ancora qualche resistenza. Gli uomini sono comunemente ritenuti il sesso forte e dominante, mentre le donne tendono ad essere considerate in termini di generazioni di discriminate che hanno un conseguente bisogno di misure speciali e azioni politiche mirate. Questa prospettiva è stata fondamentale per il raggiungimento della liberazione delle donne. Gli uomini non rappresentano un gruppo uniforme e non è neanche possibile parlare di un unico ruolo maschile. La mascolinità non è sempre sinonimo di potere: gli uomini vivono vite molto diverse e hanno differenti interessi.

Le statistiche sociali e sanitarie mostrano che nella società occidentale la vita esige dagli uomini un prezzo più alto da pagare. Sono loro a costituire il numero più elevato di  consumatori di sostanze stupefacenti e di presenze nelle carceri. L'aspettativa di vita degli uomini è più bassa comparata a quella delle donne. I ragazzi mostrano maggiori problematiche relative al comportamento a scuola rispetto alle ragazze e sono quelli che richiedono maggiori misure di supporto nella scuola elementare. Il tasso di abbandono scolastico dei ragazzi è considerevolmente più alto di quello delle ragazze.
È ormai assodato che i bambini hanno bisogno di stare sia con uomini che con donne negli asili, nelle scuole e in famiglia. La preoccupazione diffusa, dal punto di vista della parità tra i sessi, è che gli istituti e le scuole rimangano ambienti dominati dalla presenza femminile. Gli uomini rappresentano soltanto il 7 % dello staff totale negli asili norvegesi e il 12 % degli insegnanti delle scuole elementari (dati del 2002). Il Governo sta lavorando per aumentare l'attenzione su questo aspetto e per promuovere una maggiore parità tra i sessi in questo settore. Per il 2007 obiettivo del Governo è giungere al 20% di personale maschile nelle istituzioni preposte all’assistenza all’infanzia.
Uno degli ambiti in cui in Norvegia è maggiormente cambiato il ruolo degli uomini riguarda il ruolo di padre. Le ricerche indicano che la paternità porta gli uomini a rompere in modo più esplicito le tradizionali forme di mascolinità. Il permesso dal lavoro per paternità, introdotto nel 1993, si propone di rafforzare la relazione padre-figlio, segnalando la necessità che i padri partecipino attivamente alla cura dei propri figli.  
I cambiamenti avvenuti nel ruolo degli uomini non riguardano soltanto i rapporti con l'altro sesso, ma anche il modo in cui essi si relazionano ad altri uomini, a nuovi compiti e a importanti istituzioni sociali guidate da uomini. Nel 2002 è nato REFORM, un centro di assistenza rivolto agli uomini e finanziato dal Governo. Lo scopo è raggiungere la parità tra i sessi, aiutando a migliorare le condizioni di vita degli uomini e stimolando le risorse che un uomo ha per svilupparsi in ambienti e campi che tradizionalmente non sono associati al ruolo maschile.
                               

L’indennità di maternità e il congedo di paternità

L’obiettivo dell’indennizzo di maternità sta nel permettere ai genitori di combinare l’attività lavorativa con le cure da dedicare al piccolo. Questo ordinamento ha contribuito a portare la Norvegia in vetta alle statistiche europee per quanto concerne sia il tasso di natalità che la partecipazione da parte delle donne al mondo del lavoro.

I genitori norvegesi scelgono autonomamente se godere di 46 settimane di congedo dal lavoro che vengono retribuite al 100 per cento, o di 56 settimane retribuite all’80%.
              
La legislazione specifica per il padre dà i suoi fruttiFin dal 1977 il padre ha la possibilità di dividere il congedo di maternità con la madre, eppure all’inizio degli anni Novanta soltanto una percentuale del 2,3 per cento dei padri ha beneficiato di questa opportunità.
Nel 1993 è stata introdotta la cosiddetta “quota paterna” per invogliare più padri a prendere parte alla cura del bimbo durante il suo primo anno di vita. Attualmente questa quota corrisponde a 10 settimane dell’intero congedo. Se il padre non se ne serve, la famiglia la perde.
La Norvegia è stato il primo paese al mondo a introdurre questo tipo di ordinamento.
I risultati sono impressionanti: nel 2008 si è ricorso alla quota paterna nel 90 per cento dei casi ed è in aumento anche il numero di padri che fruisce di un congedo più lungo di quello stabilito. Nel 2008 esso corrispondeva al 16,5 per cento. La percentuale corrispondente per il 2000 era dell’11 per cento.
Viene rafforzato il ruolo paternoGrazie alla quota paterna, gli uomini hanno sviluppato un rapporto più forte con il figlio a partire dalla nascita e questo ha creato un effetto che va ben oltre il periodo di congedo dal lavoro per paternità. Per esempio un numero sempre crescente di uomini richiede un maggior grado di pari opportunità tra i due genitori nei casi in cui si debba decidere dell’affidamento dei figli. Nel 2009 è stato pubblicato da parte del Parlamento norvegese un documento riguardante gli uomini, i ruoli maschili e le pari opportunità. Si tratta del primo al mondo nel suo genere.
Il dibattito sulla divisione del congedoIl dibattito sul congedo e l’indennità di maternità e paternità è ancora in corso. Secondo l’ombudsman per le pari opportunità e contro la discriminazione Beate Gangås il periodo di congedo andrebbe diviso in tre parti: una spettante alla madre, una al padre e una che va decisa liberamente dai genitori. Per ora pochi partiti si sono pronunciati a favore di questa soluzione. Esiste comunque un ampio consenso politico sul fatto che la quota paterna sia un buon mezzo per motivare i padri a godere del congedo di paternità. Per questo motivo essa è stata estesa nel 2009 a dieci settimane rispetto alle sei precedenti.


Fonte: Ministero degli Affari Esteri Norvegese

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