Il seguente articolo è tratto dal sito : http://unaqualunque.it/a/2339/cambiare-il-ruolo-degli-uomini.aspx
Nell’ambito
del dibattito sulla parità dei sessi in Norvegia, l'attenzione rivolta
al ruolo degli uomini genera ancora qualche resistenza. Gli uomini sono
comunemente ritenuti il sesso forte e dominante, mentre le donne tendono
ad essere considerate in termini di generazioni di discriminate che
hanno un conseguente bisogno di misure speciali e azioni politiche
mirate. Questa prospettiva è stata fondamentale per il raggiungimento
della liberazione delle donne. Gli uomini non rappresentano un gruppo
uniforme e non è neanche possibile parlare di un unico ruolo maschile.
La mascolinità non è sempre sinonimo di potere: gli uomini vivono vite
molto diverse e hanno differenti interessi.
Le
statistiche sociali e sanitarie mostrano che nella società occidentale
la vita esige dagli uomini un prezzo più alto da pagare. Sono loro a
costituire il numero più elevato di consumatori di sostanze
stupefacenti e di presenze nelle carceri. L'aspettativa di vita degli
uomini è più bassa comparata a quella delle donne. I ragazzi mostrano
maggiori problematiche relative al comportamento a scuola rispetto alle
ragazze e sono quelli che richiedono maggiori misure di supporto nella
scuola elementare. Il tasso di abbandono scolastico dei ragazzi è
considerevolmente più alto di quello delle ragazze.
È
ormai assodato che i bambini hanno bisogno di stare sia con uomini che
con donne negli asili, nelle scuole e in famiglia. La preoccupazione
diffusa, dal punto di vista della parità tra i sessi, è che gli istituti
e le scuole rimangano ambienti dominati dalla presenza femminile. Gli
uomini rappresentano soltanto il 7 % dello staff totale negli asili
norvegesi e il 12 % degli insegnanti delle scuole elementari (dati del
2002). Il Governo sta lavorando per aumentare l'attenzione su questo
aspetto e per promuovere una maggiore parità tra i sessi in questo
settore. Per il 2007 obiettivo del Governo è giungere al 20% di
personale maschile nelle istituzioni preposte all’assistenza
all’infanzia.
Uno
degli ambiti in cui in Norvegia è maggiormente cambiato il ruolo degli
uomini riguarda il ruolo di padre. Le ricerche indicano che la paternità
porta gli uomini a rompere in modo più esplicito le tradizionali forme
di mascolinità. Il permesso dal lavoro per paternità, introdotto nel
1993, si propone di rafforzare la relazione padre-figlio, segnalando la
necessità che i padri partecipino attivamente alla cura dei propri
figli.
I
cambiamenti avvenuti nel ruolo degli uomini non riguardano soltanto i
rapporti con l'altro sesso, ma anche il modo in cui essi si relazionano
ad altri uomini, a nuovi compiti e a importanti istituzioni sociali
guidate da uomini. Nel 2002 è nato REFORM, un centro di assistenza
rivolto agli uomini e finanziato dal Governo. Lo scopo è raggiungere la
parità tra i sessi, aiutando a migliorare le condizioni di vita degli
uomini e stimolando le risorse che un uomo ha per svilupparsi in
ambienti e campi che tradizionalmente non sono associati al ruolo
maschile.
L’indennità di maternità e il congedo di paternità
L’obiettivo
dell’indennizzo di maternità sta nel permettere ai genitori di
combinare l’attività lavorativa con le cure da dedicare al piccolo.
Questo ordinamento ha contribuito a portare la Norvegia in vetta alle
statistiche europee per quanto concerne sia il tasso di natalità che la
partecipazione da parte delle donne al mondo del lavoro.
I
genitori norvegesi scelgono autonomamente se godere di 46 settimane di
congedo dal lavoro che vengono retribuite al 100 per cento, o di 56
settimane retribuite all’80%.
La legislazione specifica per il padre dà i suoi fruttiFin
dal 1977 il padre ha la possibilità di dividere il congedo di maternità
con la madre, eppure all’inizio degli anni Novanta soltanto una
percentuale del 2,3 per cento dei padri ha beneficiato di questa
opportunità.
Nel
1993 è stata introdotta la cosiddetta “quota paterna” per invogliare
più padri a prendere parte alla cura del bimbo durante il suo primo anno
di vita. Attualmente questa quota corrisponde a 10 settimane
dell’intero congedo. Se il padre non se ne serve, la famiglia la perde.
La Norvegia è stato il primo paese al mondo a introdurre questo tipo di ordinamento.
I
risultati sono impressionanti: nel 2008 si è ricorso alla quota paterna
nel 90 per cento dei casi ed è in aumento anche il numero di padri che
fruisce di un congedo più lungo di quello stabilito. Nel 2008 esso
corrispondeva al 16,5 per cento. La percentuale corrispondente per il
2000 era dell’11 per cento.
Viene rafforzato il ruolo paternoGrazie
alla quota paterna, gli uomini hanno sviluppato un rapporto più forte
con il figlio a partire dalla nascita e questo ha creato un effetto che
va ben oltre il periodo di congedo dal lavoro per paternità. Per esempio
un numero sempre crescente di uomini richiede un maggior grado di pari
opportunità tra i due genitori nei casi in cui si debba decidere
dell’affidamento dei figli. Nel 2009 è stato pubblicato da parte del
Parlamento norvegese un documento riguardante gli uomini, i ruoli
maschili e le pari opportunità. Si tratta del primo al mondo nel suo
genere.
Il dibattito sulla divisione del congedoIl
dibattito sul congedo e l’indennità di maternità e paternità è ancora
in corso. Secondo l’ombudsman per le pari opportunità e contro la
discriminazione Beate Gangås il periodo di congedo andrebbe diviso in
tre parti: una spettante alla madre, una al padre e una che va decisa
liberamente dai genitori. Per ora pochi partiti si sono pronunciati a
favore di questa soluzione. Esiste comunque un ampio consenso politico
sul fatto che la quota paterna sia un buon mezzo per motivare i padri a
godere del congedo di paternità. Per questo motivo essa è stata estesa
nel 2009 a dieci settimane rispetto alle sei precedenti.
Fonte: Ministero degli Affari Esteri Norvegese
Nessun commento:
Posta un commento