mercoledì 31 luglio 2013

Vi segnaliamo il seguente post tratto da 'Conciliazione Plurale'

Aggiornamenti in materia di

 politiche di conciliazione e 

di sostegno alla genitorialità

di Anna Omodei & Laura Papetti


A maggio 2012 abbiamo pubblicato un post dal titolo “Verso quali politiche di conciliazione? Uno sguardo alla situazione italiana” con l’obiettivo di offrire una panoramica della situazione italiana in materia di politiche di conciliazione. Abbiamo considerato le proposte dell’allora Ministra del lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero collegate alla riforma del lavoro e il piano pensato dall’ex Ministro Andrea Riccardi per favorire e migliorare la conciliazione famiglia-lavoro.
Nello specifico, le proposte di Riccardi sono state inserite nel Piano Nazionale per la Famiglia (sezione “Tempi di cura” approvato il 7 giugno 2012 dal Consiglio dei Ministri (per approfondire Gatti, Omodei e Papetti, Pari opportunità e conciliazione nel nuovo Piano Nazionale per la Famiglia).
Per quanto riguarda, invece, la Riforma del Lavoro questa è stata approvata definitivamente dal Parlamento italiano nel giugno 2012 (Legge n. 92 del 28 giugno 2012 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”).
Leggendo l’articolo 4 (commi 24, 25 e 26) della riforma del lavoro, troviamo i riferimenti al tema della conciliazione: “al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.
Per rispondere a questi obiettivi sono state attivate due sperimentazioni per il triennio 2013-2015 (i cui benefici vanno ad aggiungersi ai diritti derivanti dalle precedenti nome: Legge 53/2000, Testo Unico 151/2001):
  1. Il congedo di paternità obbligatorio di 1 giorno e il congedo di paternità facoltativo di due giorni, quest’ultimo da sottrarre al periodo di astensione obbligatoria spettante alla madre e previo accordo con essa per il padre lavoratore dipendente. Per i giorni di astensione, utilizzabili entro il quinto mese del bambino, il padre riceverà un’indennità giornaliera, a carico dell’INPS, pari al 100% della retribuzione.
  2. Possibilità per la madre (lavoratrici dipendenti o iscritte alla gestione separata) di monetizzare il congedo parentale attraverso la richiesta di voucher al termine del congedo di maternità obbligatorio e negli 11 mesi successivi. Con i buoni lavoro sarà possibile acquistare servizi di baby-sitting o ricevere un contributo per i servizi all’infanzia, pubblici o privati, rinunciando però al congedo parentale (o a una sua parte).
I criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure sperimentali sono state precisate nelDecreto interministeriale 22 dicembre 2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente, per quanto riguarda il congedo di paternità, dalla Circolare INPS n°40 del 14 marzo 2013.
Ad esempio agli art. 4, 5 e 6 del D.M 22 dicembre 2012 si definiscono le modalità di accesso per la lavoratrice madre al contributo per l’acquisto dei servizi all’infanzia, in sostituzione del congedo parentale (o di una parte di questo) per un periodo massimo di 6 mesi (3 mesi, invece, per le lavoratrici iscritte alla gestione separata dell’INPS). Il numero e l’importo dei voucher, pari a 300 euro mensili (al netto delle ritenute), terrà conto dell’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) del nucleo familiare di appartenenza (Art. 5) poiché i fondi stanziati per finanziare queste azioni sperimentali sono limitati e ammontano a 20 milioni di euro per ogni annualità (art.10).
Come abbiamo avuto già modo di dire in nostri precedenti contributi sul tema, ci sembra che le misure adottate, seppur di buon auspicio per il futuro, siano ancora poco incisive per avvicinare la situazione italiana ai paesi europei più virtuosi. Le misure adottate da questi paesi (in particolare dai Paesi scandinavi e dalla Francia), con un tasso di natalità e di occupazione femminile nettamente superiori, agiscono su più fronti (Valentini C., 2012):
  • prediligono la diffusione di lavori sicuri e ben retribuiti;
  • rafforzano il congedo di maternità pagato al 100% dello stipendio e introducono il congedo di paternità obbligatorio (nell’ordine di settimane);
  • portano il congedo parentale pagato a circa il 70% dello stipendio;
  • introducono contributi economici una tantum nei primi anni di vita del bambino, insieme a ad agevolazioni fiscali;
  • consolidano l’offerta di servizi alle famiglie;
  • fanno della condivisione della genitorialità un punto di forza.
Si potrebbe obiettare che i paesi citati hanno alla spalle percorsi storico-culturali troppo diversi dai nostri.
Un valido esempio, raccolto da Chiara Valentini nel libro “O i figli o il lavoro” (2012, p. 176-177), è rappresentato della Germania. In questa nazione persistono pregiudizi nei confronti delle madri che rientrano al lavoro dopo la nascita di un figlio tanto da guadagnare l’epiteto di ‘madri corvo’, madri che abbandonano il nido con i piccoli. Nonostante un terreno culturale non favorevole, la Germania in pochi anni è riuscita a fare dei passi avanti contrastando il calo delle nascite e la bassa percentuale di occupazione femminile. Le misure adottate dal governo hanno triplicato l’offerta di asili nido, rafforzato la retribuzione del congedo parentale, incentivandone l’utilizzo da parte dei padri (nel primo anno di vita del bambino il genitore, padre o madre che sia, che prenda il congedo riceve il 70% della retribuzione). Se anche l’altro genitore vuole partecipare alla cura del bambino il congedo arriva fino a 14 mesi. Quindi se il padre non lo richiede la coppia perde due mesi d’indennità.

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